Meteore Mondiali: Ahn, il Killer Coreano del Trap

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In Italia, una “meteora” è quel giocatore che vive un breve periodo di gloria, prima di tornare nuovamente nell’anonimato. I Mondiali sono pieni di storie del genere, di giocatori che in qualche modo raggiunsero l’apice della loro carriera proprio in quei magici 30 giorni, una volta ogni quattro anni, quando tutto il mondo ruota intorno a un pallone.

Le meteore brillano sul palcoscenico più importante, per poi tornare subito nei ranghi, o peggio ancora sparire dal calcio che conta. Come un incantesimo che si rompe, o un sogno da cui si svegliano troppo presto.

Antonio Guarini ci porta alla scoperta delle 10 più grandi “meteore mondiali” nella storia recente della Coppa del Mondo. Alcune di loro hanno aiutato gli Azzurri a conquistare la storia, altri evocano ricordi dolorosi per i fan italiani. Ma tutte si sono guadagnate quell’affascinante status di “meteora”, avendo trovato la formula magica proprio quanto contava di più.

Non avranno vinto il Pallone d’Oro, e in alcuni casi neppure il Mondiale, ma tutte conservano un posto d’onore nella memoria di tutti gli amanti del calcio.

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10) Ahn Jung-Hwan, il Killer Coreano del Trap

Fino al 18 giugno 2002 il coreano, anzi il nordcoreano, più famoso in Italia era Pak Doo-Ik, protagonista della clamorosa eliminazione degli azzurri ai Mondiali inglesi del 1966. Da allora in poi l’espressione “è stata una Corea”, voleva dire aver subito una sconfitta tremenda.

Una caduta altrettanto rovinosa la subì anche l’Italia di Trapattoni ai Mondiali nippo-coreani del 2002. Maldini e compagni si erano faticosamente qualificati per gli ottavi di finale. Gli azzurri si trovavano di fronte i padroni di casa della Corea del Sud, allenata da Guus Hiddink. L’Italia andava in vantaggio con Vieri, poi nel finale subiva il pareggio di Seol. Nel frattempo l’arbitro ecuadoriano Byron Moreno ( “l’unico uomo con la cellulite sotto gli occhi”, disse di lui Alessandro Nesta”) penalizza più volte gli azzurri. L’Italia resta anche in dieci uomini per l’espulsione di Totti. Quando ormai la partita sembra avviarsi ai calci di rigore, ecco spuntare la testa malefica di Ahn Jung-hwan. Golden Gol e l’Italia fa mestamente le valigie.

L’attaccante coreano all’epoca dei fatti gioca proprio in serie A, nel Perugia di Gaucci.  Il presidente dei grifoni dirà il giorno dopo che non vorrà più vedere il responsabile della rovina del calcio italiano. Quella Corea del Sud, con qualche altro aiutino arbitrale, si arrampicherà fino alla semifinale. Ahn e soci verranno eliminati da un gol di Ballack contro la Germania e poi perderanno la finale per il terzo posto con la Turchia.

Dopo quel gol Ahn non mise più piede in Italia. Dal Perugia passò in Giappone allo Shimizu-Pulse, poi ancora Europa con Metz e Duisburg, prima di tornare in patria con le maglie di Suwon e Busan. Ahn chiude la sua carriera da calciatore professionista in Cina, al Dalian Shide. Forse senza quella capocciata che bucò Buffon avrebbe ancora giocato per un po’ in Italia. Ma non sarebbe diventato un eroe nazionale in Corea del Sud.

Quando un gol ti cambia la vita. Per Ahn Jung-hwan è stato proprio così.

Ahn Jung-Hwan durante la sua esperienza a Perugia. L’attaccante coreano venne più o meno ufficialmente “bandito” dalla città e dall’Italia intera, dopo il golden goal che mandò a casa gli Azzurri dal Mondiale 2002 (Foto: Getty Images)